(Rielaborato dall'autore) Contributo alla conferenza Coping with 
              stress and depression related problems in Europe [Far fronte alla 
              depressione, allo stress, e ai problemi collegati], organizzato 
              dall' Organizzazione Mondiale della Salute, Commissione Europea, 
              Ministero Federale per gli Affari Sociali, Salute Mentale (Belgio), 
              Bruxelles, 25-27 Ottobre, 2001. Pubblicata in ENUSP NEWSLETTER 2001 
              & 2002; traduz. a cura di No!Pazzia, agosto 2003. 
 
 La depressione può avere molte cause: situazione politica e psicosociale, 
disturbi neurologici, disordini del metabolismo, età avanzata, sostanze 
tossiche, farmaci. I medici di solito vedono le depressioni come un difetto organico 
o supposto tale, per il quale prescrivono farmaci psichiatrici od elettrochock. 
E' duro per loro accettare che molti farmaci psichiatrici possono causare o aumentare 
la depressione e la suicidalità. Ma nella letteratura specialistica medica 
e farmacologica ci sono molte pubblicazioni che menzionano effetti depressivi 
in conseguenza di farmaci psichiatrici. In particolare i cosiddetti farmaci antipsicotici, 
i neurolettici, quale l'aloperidolo (un nome commerciale Haldol) e la clozapina 
(un nome commerciale Leponex) spesso sono di iniziazione alla depressione e al 
suicidio. Un registro dei suicidi con una particolare menzione al farmaco psichiatrico 
associato, o all'elettrochock, alle costrizioni fisiche, alle altre forme di costrizioni 
psichiatriche, potrebbe essere una efficace forma di prevenzione per ridurre il 
presentarsi di depressione e suicidio. 
                Depressione e suicidalità associate ai farmaci
I neurolettici hanno un effetto bloccante principalmente 
nei riguardi del neurotrasmettitore dopamina, col risultato di provocare la malattia 
di Parkinson. Sono un complesso di sintomi, caratterizzati dal camminare inclinati 
in avanti, tremori ai muscoli, parlare impastato. La malattia ('morbo') di Parkinson 
è la conseguenza diretta del blocco della dopamina. La potenza dei neurolettici 
è definita dal loro potere di creare il morbo di Parkinson; questo non 
tanto è un indesiderato effetto collaterale, ma il principale effetto terapeutico 
secondo la definizione degli psichiatri.
                Il morbo di Parkinson, che è principalmente una malattia 
                  dell'apparato motorio, comporta però anche alterazioni 
                  a livello psichico. I neurologi chiamano ciò "personalità 
                  parkinsoniana". E' un complesso di sintomi includenti l'apatia, 
                  la perdita di volontà, la depressione e la suicidalità, 
                  nonché stati confusionali e delirio (Fünfgeld 1967, 
                  pp. 3-25). Nel 1995, a proposito del dopo le prime somministrazioni 
                  del neurolettico prototipo (Largactil, Megaphen e Thorazina), 
                  lo psichiatra tedesco Hoimar von Ditfurth rilevò il parallelo 
                  tra l'affievolimento emozionale dovuto al Parkinson e l'affievolimento 
                  emozionale dopo il trattamento neurolettico:
                 
                  "Per quel che si può dedurre, appare come se 
                    le alterazioni psichiche provocate dal Megaphen in particolare 
                    a livello di emozioni siano della stessa natura della "effettiva 
                    restrizione ed affievolimento" che si registra molto 
                    spesso nei parkinsonisti postencefalici (pazienti che hanno 
                    il parkinson dopo aver avuto una acuta infiammazione encefalica, 
                    P.L.)." (p. 56)
                
Quindi la depressione e la suicidalità sono effetti normali dei neurolettici, 
                e gli psichiatri accettano ciò senza farsi problemi. 
                
Frank J. Ayd (1975) del Psychiatric Department del Franklin Square Hospital 
in Baltimore, USA, ha scritto:
                 
                  "C'è ormai un accordo generale sul fatto che 
                    le depressioni gravi che possono condurre al suicidio possono 
                    apparire durante il trattamento con qualsiasi neurolettico 
                    depot, come anche con qualsiasi neurolettico preso per via 
                    orale. Questi cambiamenti d' umore depressivi possono apparire 
                    in qualsiasi momento durante la terapia con neurolettici depot. 
                    Alcuni clinici hanno notato l' insorgere di depressione subito 
                    dopo l' inizio del trattamento; altri l' hanno notato mesi 
                    od anni dopo l' inizio." (p. 497)
                
Otto Benkert e Hanns Hippius (1980), due psichiatri tedeschi, così hanno 
risposto alla domanda se la suicidalità possa forse essere causata da un 
dosaggio eccessivo:
                 
                  "La depressione, la suicidalità, gli stati di 
                    eccitamento e delirio, derivati dall'azione di farmaci, avvengono 
                    in genere sotto le dosi normalmente prescritte dal medico 
                    curante." (p. 258)
                
Dati sperimentali circa i suicidi causati da farmaci psichiatrici sono difficili 
da ottenersi per molte ragioni, come scrivono gli stessi psichiatri. Gli psichiatri 
non incolpano né guardano alla loro successione di trattamenti quale causa 
di depressione(Lehmann 1996, p. 111). Asusmus Finzen del dipartimento di psichiatria 
dell' Università di Berna, Svizzera, ha mostrato che il verosimile numero 
di suicidi avvenuti in istituti psichiatrici è grande, troppo. Dei dati 
precisi sono comunque difficili da rilevare, poiché:
                 
                  "... .Nella cartella clinica e nei rapporti di dismissione 
                    dal reparto, spesso non è possibile trovare notizie 
                    di pazienti suicidati o morti. Se il suicidio è avvenuto 
                    durante una licenza a casa, la data della dismissione può 
                    essere retrodatata. Se il tentativo di suicidio non conduce 
                    a morte immediata, nella cartella clinica e nei rapporti statistici 
                    il paziente può essere considerato come [non più 
                    in carico, ma] spostato ad una clinica di medicina interna 
                    o chirurgica." (1988, p. 45)
                
 R. de Alarcon e M.W.P. Carney, due psichiatri inglesi, hanno studiato il cambiamento d'umore verso la depressione 
dopo la somministrazione di neurolettici in relazione ad altri parametri concomitanti. 
Nel British Medical Journal essi riferiscono di suicidi sotto l'influenza 
di fluofenazina (un nome commerciale Moditen), somministrata come componente in 
un trattamento in comunità, e descrivono l'effetto della fluofenazina in 
un uomo di 39 anni che aveva già tentato di suicidarsi due volte sempre 
sotto l'influenza di questo farmaco. Avendo gli psichiatri capito che quest'uomo 
come regola sviluppava le idee suicide alcuni giorni dopo l'iniezione depot che 
avveniva ogni due settimane, essi vollero accettarsi con i propri occhi di come 
avveniva il peggioramento d'umore. Nell'istituto psichiatrico, quest'uomo fu osservato 
per un periodo di quattro settimane senza fare il trattamento con il neurolettico, 
e non si notò niente di notevole quanto a cambiamento d'umore. Poi gli 
fu inettato 25 mg di fluofenaziana intramuscolare:
                 
                  "Durante la sua permanenza in ospedale fu intervistato 
                    da uno di noi (R. de A.) tre volte ogni settimana. Per la 
                    prima settimana dopo l'iniezione, non fu intervistato di giorno, 
                    ma la sua condizione è stata discussa con l'infermiere 
                    capoguardia e letti attentamente i rapporti dell'infermiere 
                    capoguardia. Ricevette l'iniezione d'inizio studio un mercoledì 
                    alle 3 del pomeriggio; a metà pomeriggio del giorno 
                    successivo fu trovato giù di corda, voleva star per 
                    conto suo, con nessun desiderio di parlare con nessuno, guardare 
                    la televisione, leggere. Restò a letto fino alle quattro 
                    del pomeriggio. Nell'opinione dell'infermiera che lo aveva 
                    in carico è stato a rischio di suicidio. Nell'intervista 
                    di venerdì la variazione del suo aspetto esterno era 
                    notevole  appariva truce, non rispose con un sorriso 
                    ad una facezia, non c'era conversazione spontanea. Le sue 
                    risposte erano limitate allo stretto necessario. Negò 
                    di avere idee paranoiche o ipocondriache né pensieri 
                    di sentirsi in colpa. Semplicemente disse che si sentiva molto 
                    giù e che se fosse stato da solo in una camera ammobiliata, 
                    avrebbe posto termine alla sua vita. Il venerdì sera 
                    ci fu un pò di miglioramento, e quando fu intervistato 
                    di nuova sabato era ritornato al suo solito normale sé 
                    stesso. (de Alarcon e Carney hanno offerto come loro conclusione, 
                    P.L.) che alcuni pazienti possono diventare gravemente depressi 
                    per un breve periodo dopo iniezioni di fluofenazina enantato 
                    o decanato. Finora non si sono stabiliti protocolli su quando 
                    e in quali casi questo è probabile che avvenga. La 
                    mancanza di aver avuto simili effetti negativi nel passato 
                    non è una indicazione che non ci possano essere nel 
                    futuro. In particolare nel caso in studio, il paziente aveva 
                    ricevuto fluofenazina enantato per più di sei mesi 
                    prima che incominciò a reagire ripetutamente all'iniezione 
                    con una grave depressione, e lo stesso comportamento si ebbe 
                    in altri casi." (1969, pp. 565-566) 
                
                 In uno studio controllato con placebo, lo psichiatra Peter 
                  Müller del dipartimento di psichiatria di Göttingen, 
                  Germania, ha trovato che una percentuale molto più alta 
                  di pazienti trattati con farmaci psichiatrici ha sintomi depressivi, 
                  rispetto pazienti trattati a placebo. A riguardo di dimiunuire 
                  o dismettere farmaci psichiatrici egli ha scritto:
                 
                  "Ci fu cambiamento verso un umore depresso in 41 casi 
                    su 47, in due casi non ci fu cambiamento, in quatto casi l'effetto 
                    fu dubbio. E' stato molto sorprendente vedere che in un numero 
                    predominante di casi la sola riduzione della dose (normalmente 
                    alla metà di quella iniziale) ha condotto ad un miglioramento 
                    rispetto i sintomi depressivi. Talvolta c'è stato un 
                    miglioramento solo parziale, ma che dette tuttavia un netto 
                    sollievo al paziente. Però in altri pazienti, o negli 
                    stessi in cui il miglioramento era stato solo leggero dopo 
                    aver ridotto la dose, una dismissione completa li fece stare 
                    molto meglio. Alcuni pazienti hanno riferito che solo ora 
                    essi si sentivano completamente sani, come non lo erano da 
                    molto prima della depressione. I sintomi depressivi, che erano 
                    stati giudicati non migliorabili da alcuni psichiatri e che 
                    erano stati percepiti come il venir fuori un disordine organico, 
                    scomparirono completamente. La possibile argomentazione che 
                    questi potrebbero essere effetti psico-reattivi prodotti dal 
                    miglioramento psicologico del paziente dovuto alla conoscenza 
                    della dismissione dei farmaci è da rifiutarsi, dato 
                    che pressoché tutti i pazienti avevano ricevuto iniezioni 
                    depot e non erano stati informati né delle dosi, né 
                    se era un placebo. (...). Il loro cambiamento fu in alcuni 
                    casi molto netto anche a loro stessi, ai loro parenti e ai 
                    medici esaminanti. I pazienti riportarono che ora essi si 
                    sentivano di nuovo completamente bene. Nel gruppo dei pazienti 
                    ancora trattati con farmaci psichiatrici, nettamente così 
                    non era. Questi risultati parlano molto nettamente se ci siano 
                    cause genetiche da contrastare con i farmaci e contro lo sviluppo 
                    di una psichiatria come cura di patologie." (1981, pp. 
                    52-53, 64) 
                
Müller così riassume:
                 
                  "Sindromi depressive dopo la remissione della psicosi 
                    e sotto trattamento con farmaci psichiatrici, non sono rare, 
                    anzi avvengono in circa i due terzi di pazienti, talvolta 
                    anche più frequentemente, specialmente se sono usate 
                    iniezioni depot. Senza trattamento con farmaci psichiatrici, 
                    dopo la riduzione completa, le sindromi depressive si rinvengono 
                    solo in casi eccezionali." (ibid., p. 72)
                
                 Queste pubblicazioni di Müller sono sostenute da molti 
                  suoi altri colleghi (Lehmann 1996, pp. 57-87, 109-115). Ad es. 
                  Raymond Battegay e Annemarie Gehring (1968) del Psychiatric 
                  Department della Università di Basel, Switzerland, i 
                  quali mettono in guardia, dopo un paragone tra i percorsi di 
                  trattamento prima e dopo l'era dei farmaci psichiatrici:
                 
                  "Durante gli ultimi anni, è stato ripetutamente 
                    descritto il viraggio delle sindromi schizofreniche a sindromi 
                    depressive. Sempre più schizofrenie mostrano ora un 
                    percorso verso depressione-apatia. E' diventato chiaro che 
                    quel che si sviluppa sotto l'influenza dei farmaci psichiatrici, 
                    è spesso proprio quello che si vorrebbe evitare, un 
                    cosiddetto loro difetto." (pp. 107-108)
                
                Walther Pöldinger e S. Siebern della Psychiatric Institution 
                  Wil, Switzerland, hanno scritto:
                 
                  "Non è infrequente che le depressioni provocate 
                    dalle medicazioni siano nettamente cause del presentarsi di 
                    idee suicide." (1983, p 131)
                
 Nel 1976 Hans-Joachim Haase della Psychiatric 
Institution Landeck, Alemania, ha riferito che il numero di casi di depressioni 
pericolose dopo il trattamento con farmaci psichiatrici è aumentato almeno 
dieci volte rispetto il numero presente prima dell'introduzione dei farmaci psichiatrici. 
L'aumento della frequenza di suicidi è "preoccupante e allarmante", 
ha detto Baerbel Armbruster del Psychiatric Department della Università 
di Bonn, Alemania, in the Nervenarzt in 1986  senza, ciononostante, mettere 
in allarme gli (ex-) utenti e sopravvissuti alla psichiatria e i loro parenti, 
né il pubblico.
 Rolf Hessoe dello Psychiatric Department della Università 
di Oslo, Norvegia, ha reso informazioni sulla situazione in Svezia e Norvegia 
nel 1977; gli è apparso chiaro
                 
                  "... che l'aumento di casi di suicidio, sia in assoluto 
                    che relativamente, è incominciato nel 1955. Che è 
                    stato l'anno in cui i neurolettici sono stati introdotti negli 
                    ospedali psichiatrici scandinavi." (p. 122)
                
                 Nel 1982 Jiri Modestin ha scritto a proposito del suo posto 
                  di lavoro, il Dipartimenti di Psichiatria dell'Università 
                  di Berna, e anche dell'istituto psichiatrico vicino di Münsingen:
                 
                  "I nostri dati mostrano un drammatico aumento della 
                    frequenza di suicidi nei pazienti di Berna e Münsingen 
                    negli ultimi anni." (p. 258)
                
                Resoconti di prima mano su depressione e suicidalità
                Nel libro "To come off psychiatryc drugs" 
[Dismettere farmaci psichiatrici], pubblicato nel 1998, Regina Bellion di Brema 
(Germania) ha dato un resoconto sulla sua condizione psichica sotto trattamento 
nella comunità:
                 
                  "Sola a casa. Tre volte al giorno conto le mie gocce 
                    di Haldol. Non fo molto altro. Siedo nella mia sedia con lo 
                    sguardo diretto verso la finestra. Non ho sensibilità 
                    per quel che succede fuori. Trovo difficoltà a spostarmi. 
                    Ciononostante sono abile ad alzarmi ogni giorno. Non mi accorgo 
                    che l'appartamento sta diventando sporco. Non è necessario 
                    che io cucini sempre. Non mi lavo. Non mi chiedo neppure se 
                    puzzo. La mia miseria avanza  ma io non me ne accorgo.
                    Vegeto dentro le mie pareti neurolettiche, sono chiusa fuori 
                    dal mondo e dalla vita. Il mondo reale è altrettanto 
                    più lontano da me che Plutone dal Sole. Il mio mondo 
                    personale segreto  il mio ultimo rifugio, l'ho raggiunto, 
                    ma l'ho distrutto con l' Haldol.
                    Questa non è la mia vita. Questa non sono io. Starei 
                    ugualmente bene morta. Un'idea ha incominciato a prendere 
                    forma. Prima che la primavera sopraggiunga mi voglio appendere.
                    Ma prima di ciò voglio tentare di vedere se la mia 
                    vita sarebbe differente senza l' Haldol. Ridurrò il 
                    numero delle gocce . Ne prenderò sempre di meno fino 
                    ad arrivare a zero.
                    Dopo un mese sono pulita. Allora incomincio ad accorgermi 
                    quanto sono trascurata. Mi lavo i capelli, rifò il 
                    letto, apro l'appartamento. Mi preparo un pasto caldo. Anche 
                    provo piacere a fare questo. Posso di nuovo pensare." 
                    (2004, p. 280)
                Un' altra utente di farmaci psichiatrici, anche lei 
                  vive a Brema, ha ricevuto una prescrizione di Haldol e dell'antidepressivo 
                  Aponal (doxepina); sotto l'influenza di questa combinazione 
                  lei ha tentato  fortunatamente senza successo  di 
                  por fine alla sua sofferenza col suicidio:
                "Quando andai di nuovo fuori io ho desiderato sedermi 
                    nella mia cucina di fronte al rubinetto dell'acqua, ero assetata 
                    ma incapace di riempirmi un bicchiere d'acqua o di mordere 
                    il pane diventato duro e stantio. Il supermercato non era 
                    troppo distante ma io non potevo decidere di alzarmi e così 
                    desiderai di essere semplicemente morta così avrei 
                    avuto almeno un pò di pace. Ero ridotta in pezzi dalla 
                    mia malattia. Sapevo che era una punizione per due punti neri 
                    della mia vita. Il peggiore è stato il cerchio vizioso 
                    di pensieri ricorrenti continuamente in un giro chiuso psicotico. 
                    Tantai più e più volte di pensare a qualcosa 
                    d'altro almeno per un momento ma non ci riuscii. I miei pensieri 
                    ricadevano sempre negli stessi cerchi, centinaia di volte 
                    al giorno, talvolta come al rallentatore, talvolta accelerando 
                    fino a farmi girare la testa. E questo era l'inferno per me, 
                    il gioco del diavolo. Mi ritrovavo dannata e abbandonata da 
                    Dio e senza speranza di salvezza. Non potevo far niente altro 
                    se non soffrire tramite questo film, la mia vita restava sotto. 
                    Sapevo che dovevo imparare ad aver di nuovo fede, ma non potevo, 
                    e perciò tentai di por fine alla mia vita." (Marmotte 
                    2004, p. 119)
                
                 Gli antipsicotici atipici hanno anch'essi effetti suicidali, 
                  come riferisce l'austriaca Ursula Fröhlich in Brave 
                  New Psychiatry:
                 
                  "Da quando ho incominciato a prendere il Leponex (clozapine), 
                    non ho desiderato più far sesso, non ho avuto più 
                    fantasia di muovermi, non ho trovato più gioia nella 
                    vita. Una vita senza gioia però è peggio della 
                    morte. Tutto quel che mi restava era osservare la televisione, 
                    dove ho guardato per sette anni gli altri vivere. Sono tutt'ora 
                    viva biologicamente, ma le mie sensazioni sono da tempo morte, 
                    nonostante che io prima mi rallegravo di qualcosa ora non 
                    sono più capace di farlo affatto. Di fatto la mia vita 
                    non esiste, mi trovo così vuota e non importante. Nei 
                    pomeriggi, lo stato d'animo è ancora peggiore. Ogni 
                    giorno mi propongo di incominciare una vita più sana 
                    il giorno dopo, di gettare via i farmaci, di bere molte vitamine 
                    e succhi di frutta, di incominciare un programma giornaliero 
                    di fitness. I farmaci psichiatrici mi danno la sensazione 
                    che sia possibile per me cominciare una vita differente, una 
                    nuova vita, il giorno dopo. Ma quando mi sveglio il giorno 
                    dopo mi trovo come sfasciata, non mi alzo mai dal letto prima 
                    delle 9, la mia depressione è così grave che 
                    penso al suicidio ogni giorno." (da Lehmann 1996, pp. 
                    70-71)
                
Gli psichiatri non hanno 
trovato differenze rispetto i loro primi modi di sperimentare questi farmaci. 
Nel 1954 e 1955 Hans Heimann e Nikolaus Witt (1955) del Psychiatric Department 
della Università di Berna hanno pubblicato la loro esperienza di aver preso 
una volta la cloropromazina, ora commercializzata come Largactil. La loro esperienza 
utilizzò una rete di controllo di 1080 persone; essi fecero tre auto-esperienze 
e nove esperimenti con psichiatri e farmacologi. Il verificare una sensibilità 
ridotta e un accorgersi di una forza muscolare ridotta, elementi strutturali della 
sindrome di Parkinson, dopo aver preso il Largactil, sono molto chiari nei seguenti 
passi:
                 
                  "Mi sono trovato mentalmente e fisicamente malato. Improvvisamente 
                    la mia situazione mi è apparsa difficile e senza speranza. 
                    Soprattutto è stato tormentoso il fatto di essere così 
                    miserabile ed esposto, così vuoto e superfluo, vuoto 
                    di qualsiasi speranza e progetto ... (Dopo aver finito i controlli): 
                    I normali compiti della vita mi crescevano immensi davanti 
                    a me: pranzare, andare nell'edificio vicino, tornare indietro 
                    - nonostante che tutto fosse da fare a piedi. Con ciò 
                    questo stato raggiunse il massimo di situazione emozionale 
                    sconfortante: l'esperienza di una esistenza passiva ma con 
                    la netta coscienza di altre possibilità..." (p. 
                    113)
                
                Un Registro dei Suicidi come forma di prevenzione
Nel febbraio 2000 la 
organizzazione tedesca degli "(ex-) Utenti e Sopravvissuti alla psichiatria" 
ha avanzato la richiesta al Ministro della Salute di istituire un Registro dei 
Suicidi con speciale riguardo alle associate medicine psichiatriche prese, agli 
elettrochoc, alle restrizioni fisiche e alle altre forme di costrizioni psichiatriche 
(Lehmann 2001, p. 46). La mancanza di una tale registrazione dei suicidi con descrizione 
dei metodi di trattamenti psichiatrici, coprente tutte le zone del paese, costituisce 
un serio pericolo; questi dati sono un prerequisito fondamentale per cercare le 
cause, e una base importante per prevenirli in tempo. L'obbligo di notificare 
alle autorità i suicidi e i trattamenti psichiatrici fatti in precedenza, 
può permettere misure preventive e promuovere studi ripetibili per scoprire 
la connessione tra suicidalità ed effetti dei farmaci psichiatrici. Non 
solo i neurolettici, di cui si è parlato qui, ma anche gli antidepressivi 
(Healy 2001; Lehmann 1996, pp. 194-201) nonché l'elettrochock (Frank 1990) 
debbono parimenti essere controllati attentamente.
I resoconti di (ex-) 
utenti e sopravvissuti alla psichiatria che sono stati spinti verso tentativi 
di suicidio dopo dei trattamenti traumatizzanti con farmaci psichiatrici, elettro 
e insulina-chock (vedi ad es. Kempker 2000) non debbono più essere ignorati. 
I medici i parenti e amici debbono essere informati sul rischio di depressione 
e suicidalità provocate dai farmaci. Gli utenti della psichiatria hanno 
bisogno di essere informati, in modo che possano prendere una decisione accuratamente 
ben informata sul prendere o meno un farmaco psichiatrico offerto, e all'occorrenza 
possano prendere misure adeguate per un minor rischio di depressione.
                Appendice: Continua la discriminazione rispetto gli 
                  (ex-) utenti e sopravvissuti alla psichiatria
Alla 
conferenza "Balancing Mental Health Promotion and Mental Health Care: A Joint 
World Health Organization / European Commission Meeting" a Bruxelles nell'aprile 
del 1999, è stata accettata l'inclusione di (ex-) utenti e sopravvissuti 
alla psichiatria nel Consensus-paper per le politiche di salute mentale:
                  "Strategie ed obbiettivi comuni per migliorare le cure 
                    e la prevenzione in salute mentale includono: (...) Sviluppare 
                    ampie ed innovative politiche particolarmente per la salute 
                    mentale in consulta con tutti gli interessati, includendo 
                    utenti e familiari, e rispettanti i contributi dei cittadini 
                    e del NGO." (WHO 1999 p. 9)
                
Una rappresentanza dell' ENUSP  European Network of 
(ex-) Users and Survivors of Psychiatry  (= Rete Europea (ex-) Utenti e Sopravvissuti 
alla Psichiatria), è stata invitata alla conferenza "Far fronte allo 
stress e alla depressione e problemi correlati in Europa" (Bruxelles, ottobre 
2001) ugualmente organizzata dall'Organizzazione Mondiale della Salute e dalla 
sua Commissione Europea.
Ebbene invece di assicurare una attiva inclusione 
nella conferenza in modo da permettere a professionisti e politici di imparare 
dal tesoro delle esperienze di ex utenti e sopravvissuti alla psichiatria, non 
hanno ritenuto di dover offrir loro diritti di uguali nella rappresentanza plenaria. 
Anche dopo che è stato ricordato loro il Consensus-paper, il Ministro Federale 
Belga degli Affari Sociali sez. Salute Pubblica ha solo chiesto al rappresentante 
ENUSP di partecipare ad una discussione collaterale in un workshop (Leen Meulenbergs).
                Questo è il vecchio modo di ripartire gli ruoli per 
                  i rappresentanti degli (ex-) utenti e sopravvissuti alla psichiatria, 
                  che potrebbero giocare un ruolo di esperti nei congressi che 
                  particolarmente li riguardano. Questo modo di agire deve essere 
                  respinto perché di nuovo discriminante e contrario allo 
                  spirito dei pari diritti.
                Riferimenti
               
              
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